mercoledì 24 gennaio 2007

VOLARE SENZA GLUTINE

L’idea di questo articolo nasce in modo casuale durante una chiacchierata con un’amica celiaca, Manuela che, dopo aver superato le selezioni per la compagnia aerea dell’Alitalia, inizia a lavorare come hostess.
Riflettendo che ogni giorno si sarebbe trovata in un posto diverso del mondo, il mio primo pensiero è stato quello di chiederle in che modo avrebbe affrontato e risolto il “problema” dei pasti e quali sono state le sue reazioni di fronte ad una situazione totalmente nuova.
Mi ha spiegato che ogni tanto porta con sé un panino o un pacchetto di cracker free gluten ma che nella maggior parte dei casi mangia quello che trova nei posti in cui si reca, accontentandosi di insalatone o di un secondo piatto garantito.
Credendo che il problema potesse maggiormente crearsi nei paesi extraeuropei, le ho domandato come avrebbe affrontato la situazione quando avrebbe sostato in paesi poco sviluppati.
E invece in paesi come l’India e gli Emirati Arabi può mangiar tutto e quindi variare la sua alimentazione.
Ma il punto su cui vorrei maggiormente soffermarmi è un altro e chiama in causa due aspetti apparentemente distaccati ma in realtà intrinsecamente collegati tra loro.
Il nodo cruciale della nostra amichevole conversazione l’ho avvertito quando le ho chiesto in che modo l’Alitalia sarebbe venuta incontro alle sue specifiche esigenze alimentari nel caso si fosse trovata a consumare il pasto durante il volo.
Di seguito le sue testuali parole: “L’Alitalia fornisce pasti standard e nessuno ha il privilegio di richiedere un pasto speciale. Tuttavia a bordo ho sempre trovato il riso in bianco che posso condire come più mi va”.
La dichiarazione di Manuela è assolutamente in linea con il testo in merito a questo argomento che compare sul “Memo assistenti di Volo”, sezione normativa, inserto “normativa per imbarco pasti equipaggio”:
“[…] È essenziale non richiedere composizioni di pasti diversi da quelli concordati”; alla voce “composizioni pasti equipaggio per i voli di medio raggio e per quelli nazionali” è previsto:”Pasta fredda a base di baguette farcita”.
Non è inaccettabile che una società come l’Alitalia abbia una regolamentazione alimentare così rigida e illogica e non sia in grado di fornire pasti alternativi ai propri dipendenti e addirittura ne esclude la possibilità a priori con un regolamento?
La mia amica ha anche aggiunto: “Io non ho mai dichiarato di essere celiaca perché temevo che la mia intolleranza alimentare avrebbe potuto compromettere le mie selezioni e quindi la mia carriera. Ho avuto paura”.
Non sarebbe giusto criticare la scelta di Manuela perché mi rendo conto che la posta in gioco fosse molto alta e quanto fosse importante per lei ottenere quel tanto sospirato posto di lavoro come hostess.
Il mio messaggio ha una duplice destinazione: uno è indirizzato agli organi di competenza (come i sindacati o le associazioni dei lavoratori) affinché si attivino per rendere più chiari determinati diritti o per legiferare delle normative che tutelino il celiaco anche nei posti di lavoro e in qualsiasi sede pubblica si trovi.
Credo che se ci fosse maggiore informazione e sensibilità su questi argomenti persone come la mia amica non si troverebbero nella condizione di dover nascondere un proprio stato di intolleranza per la paura di subire una discriminazione.
L’altra fetta dei destinatari cui mi rivolgo è rappresentata da tutti quei celiaci ( in cui mi includo) che spesso per un motivo o per un altro hanno paura a dichiarare la propria intolleranza al glutine.
Io credo che siano proprio questi atteggiamenti a creare auto-discriminazione e auto-esclusione dalla società e dal mondo del lavoro.
Sono convinta che solo giocando le carte a viso scoperto sia possibile ottenere riconoscimenti e maggior inserimento nell’ambiente in cui viviamo.
È portando alla luce i problemi, le necessità e facendole conoscere che è possibile creare un dibattito costruttivo e equilibrato.
D’altra parte sono anche convinta che se la mia amica abbia preferito tacere della sua celiachia, è perché effettivamente abbia avvertito il rischio di essere penalizzata, probabilmente dopo aver letto il regolamento interno della società.
So di certo che l’Alitalia è a conoscenza del morbo celiaco e dimostra la sua sensibilità nei confronti dell’utenza mettendo a disposizione un pasto senza glutine. L’importante è richiederlo durante la prenotazione del biglietto.
Come Manuela, ho un ricordo amaro del mio primo volo con l’Alitalia. Destinazione Grecia, con i compagni del terzo liceo classico. Tramite l’agenzia, avevo richiesto un pasto senza glutine durante il volo. Non solo l’hostess iniziò ad urlare il mio nome alla ricerca del destinatario del “piatto speciale” ma mi offrirono un pranzo pessimo.
Non so se sia ancora possibile fare questo tipo di richieste. In ogni caso spero che il servizio sia migliorato perché è giusto che il personale sia sensibilizzato al problema e che il piatto sia almeno gradevole.
Il mio tono non vuole essere polemico ma semplicemente provocatorio e ringrazio la mia amica, il cui caso, uguale a quello di chissà quante altre persone, mi ha dato la possibilità di riflettere su questo importante aspetto della nostra condizione di celiaci e forse di unire in un unico coro le tante voci di coloro che non sanno come, dove e a chi rivolgersi per esternare e superare le proprie paure.


Giorgia Gazzetti

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