mercoledì 24 gennaio 2007

Il disagio giovanile

E intanto vola
il caro tempo giovanil: più caro
che la fama e l’allor, più che la pura
luce del giorno, e lo spirar; ti perdo
senza un diletto, inutilmente, in questo
soggiorno disumano, intra gli affanni,
o dell’arida vita unico fiore.

Giacomo Leopardi



Perché tanti giovani avvertono un disagio, un senso di insofferenza e di insoddisfazione verso la vita? Sembra quasi strano sentir parlare di disagio giovanile in un’epoca in cui la qualità della vita ha raggiunto elevati livelli di benessere, non solo economici. Oggi un giovane ha la possibilità di vivere liberamente, di fare le proprie scelte e di commettere i propri errori, di viaggiare, di confrontarsi, di capire, di studiare, di formarsi un’idea e affermarla, di divertirsi e non solo di rispettare gli obblighi e i doveri che la famiglia, le istituzioni e il vivere in società gli impongono.
Innanzitutto essere giovane significa avere voglia di vivere.. con energia, ottimismo, sacrificio, grinta, coraggio, entusiasmo; significa aver voglia di imparare, di crescere e di scoprire se stessi, gli altri e la realtà in cui si vive.
Essere giovane è un dono passeggero se non si riesce a mantenere uno spirito fanciullesco anche dentro il proprio animo.. e invece spesso i ragazzi sono già vecchi, stanchi di vivere e privi di motivazioni e di stimoli.. ma perché?
Spesso si sente dire che sia il troppo benessere a nuocere o che le istituzioni primarie come la scuola e in primis la famiglia siano figure affettive ed educative carenti nei confronti dei giovani figli.
Spesso il disagio nasce da un dissidio interiore, dall’incapacità di amarsi, di accettarsi e farsi accettare dai genitori, dai fratelli, dagli amici e dal compagno o dalla compagna per come si è. L’infelicità e la solitudine sono due condizioni in cui molto frequentemente riversano i giovani. Ci si sente soli e infelici molto facilmente anche a causa dei rapporti sempre più superficiali che si costruiscono e che con facilità si sfaldano. La generazione odierna riceve continuamente stimoli, sollecitazioni, scosse e per questo i giovani dovrebbero essere sempre attivi, pieni di energie. In realtà moltissimi ragazzi sono apatici e sembrano quasi svogliati a vivere la loro tenera età in armonia con la mente e con il corpo. I continui imput a cui i ragazzi sono sottoposti non sono solo fonte di stimoli e di motivazioni per maturare e arricchirsi ma anche fonte di ansie, di paure e di confusione.
Il livello di aspettativa da parte dei genitori, degli insegnanti e anche da parte di se stessi è altissimo in ogni campo: in quello professionale, scolastico, familiare. L’elemento della competizione e il principio dominante che nella vita bisogna essere sempre il numero uno credo faccia scattare dei meccanismi molto forti, motivanti ma anche pericolosi perché significa far nascere un grande senso di vuoto, di smarrimento, di sfiducia verso di sé a chi non riesce a vincere e dominare su tutti gli altri.
La vita è certamente una sfida continua ma la competizione deve essere sana e salutare come nelle attività sportive e agonistiche. Il vincitore è colui che sa mettersi in gioco, che sfida i propri limiti e lotta con onestà e caparbietà e non è necessariamente chi sale sul podio.
Credo che fondamentalmente i ragazzi nutrano poca stima verso le proprie capacità, le proprie abilità, poca fiducia nei rapporti interpersonali, abbiano idee e pensieri deboli e facilmente condizionabili.
Non sono d’accordo quando sento dire che i giovani non hanno valori: ognuno nel proprio microcosmo consolida dei valori, li sostiene, li rafforza, li mette in atto e li modella.
Allo stesso modo sono convinta che i giovani non abbiano a disposizione o non cerchino gli ambienti giusti e sani dove far valere e mettere in pratica i propri principi e i propri valori. Insomma i punti di riferimento spesso mancano soprattutto quando il divario tra mondo degli adulti e mondo dei giovani si fa così grande che ogni forma di dialogo e di confronto è compromessa sia per gli uni che per gli altri.
Concludo dicendo che il disagio giovanile deve essere innanzitutto combattuto interiormente e in secondo luogo che tanto la famiglia quanto la Chiesa e lo Stato devono fornire gli strumenti per aiutare il giovane a sentirsi integrato in una società in continuo mutamento, in una società globalizzata e multi culturale dove l’informazione e la comunicazione sono al centro della vita politica, economica, sociale e culturale di ogni individuo e comunità.
Bisogna sentirsi giovani sempre e in ogni luogo. La Chiesa può e deve essere una guida spirituale per i ragazzi insegnando loro gli esempi e le parole di Gesù e aiutandoli, attraverso la comunione e l’incontro con giovani di tutte le età, a capire quale bene prezioso, inestimabile e unico sia la vita.
Papa Giovanni Paolo II creando la Giornata Mondiale della Gioventù ha donato nuova speranza e nuova luce a molti giovani a cui bastava semplicemente venisse indicata la strada giusta per trovare la fede e la gioia nel Signore, negli altri e in se stessi.

Giorgia Gazzetti

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