di Giorgia Gazzetti
Grace, dall'Uganda, e Kon, reclutato dai militari in Sudan, raccontano la propria terribile esperienza in un convegno in Campidoglio. Oltre 250mila minori coinvolti nei conflitti nel mondo
«La mia storia è soltanto una tra le migliaia di storie che ancora non avete mai sentito». Grace Akallo, ex bambina-soldato originaria dell’Uganda, è a Roma per il convegno internazionale “Bambini e giovani colpiti dai conflitti armati: ascoltare, capire, agire”, tenutosi ieri (23 giugno 2009) nella sala della Protomoteca del Campidoglio e promosso dal ministero degli Esteri e dal Comune in collaborazione con Onu, Unicef e Save the Children. Immagini di vite spezzate ma piene di speranza di tanti bambini-soldato sono state immortalate nella mostra fotografica “Bambini di guerra: infanzia spezzata”, inaugurata in piazza del Campidoglio prima dell’inizio del convegno ed aperta al pubblico fino al 29 giugno.
Secondo le stime fornite da Onu e Save the Children, sono 250mila i bambini coinvolti in conflitti in tutto il mondo. Impiegati come combattenti, messaggeri, spie, facchini e cuochi vengono proiettati nel mondo adulto della violenza, delle armi, del sangue, delle minacce e della morte. Privati dell’amore e della protezione delle proprie famiglie combattono una guerra che non hanno mai voluto e che difficilmente comprendono. Le bambine e le ragazze, costrette a diventare “donne” troppo precocemente, sono le vittime preferite del branco per stupri e violenze. Oltre un miliardo di bambini, ovvero un sesto della popolazione mondiale, vive nei 42 paesi colpiti , dal 2002 ad oggi, da guerre e guerriglie. Sono 14,2 milioni i piccoli sfollati e rifugiati a causa dei conflitti su un totale di 24,5 milioni di sfollati nel mondo. Il 41% delle vittime, inoltre, ha meno di 18 anni. Almeno un dato positivo sembra esserci: sono oltre 100mila i bambini-soldato smobilitati dal 1998 e reintegrati nel tessuto sociale dei rispettivi Paesi.
Ma «ci sono decine e decine di gruppi armati - denuncia Grace - che continuano a distruggere la vita dei bambini in molte zone del mondo». Come è successo a lei, in prima persona. Il 9 ottobre 1996 Grace viene catturata dalla Lord’s Resistance Army e prelevata dal college nel nord dell’Uganda in cui i suoi genitori l’hanno mandata, dopo la scuola elementare, per garantirle un futuro migliore e proseguire gli studi. Delle 138 ragazzine rapite insieme a Grace, 109 si salvano quasi subito. Grace, invece, subisce stupri e violenze. «Prima d’allora - continua la ragazza - non avevo mai conosciuto un uomo». Ma poi riesce a salvarsi. Il dolore, una ferita troppo grande da rimarginare e il ricordo di quella orribile esperienza spingono Grace e Kon Kelei, ex bambino-soldato del Sudan, a fondare, lo scorso novembre, Nypaw - Network of Young people affected by war. Appoggiato dall’Italia e presentato all’Onu insieme all’Unicef e alle ong impegnate nel settore, il network di ex bimbi soldato nasce per aiutare chi cade nella trappola degli adulti senza pietà.
«Nypaw è qui oggi - spiega Grace - per testimoniare e raccontarvi la sofferenza di questi bambini. Nessun bambino merita questo strazio». Kon, al suo fianco, aggiunge: «Non abbiamo fondato questa rete per autocelebrarci ma per comunicare al mondo intero che c’è ancora speranza e che i bambini traumatizzati dalla guerra possono essere recuperati e diventare importanti cittadini del mondo».
Il sindaco Gianni Alemanno ha ricordato che «la definizione di bambino-soldato racchiude in sé un odioso paradosso, perché rinunciare al valore dell’infanzia è il simbolo ultimo della rinuncia al futuro. Affrontare il problema a livello mondiale ha dei riflessi anche sul nostro tessuto sociale». Ognuno di questi piccoli sfruttati dalla guerra merita di poter vivere una seconda vita. Ed è per questa ragione che «l’Italia - riferisce il ministro degli Esteri Franco Frattini - da anni persegue l’opera instancabile di protezione e di assistenza delle piccole vittime dei conflitti armati attraverso tre azioni mirate: la prevenzione, il recupero delle vittime e la reintegrazione nel tessuto sociale grazie ai finanziamenti della Cooperazione italiana». L’augurio è che il gioco di squadra delle forze in campo, istituzionali e non, possa concretamente aiutare le piccole vittime e proteggerle dalla spirale della sofferenza, della violenza e della guerra.
24 giugno 2009
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